La fenomenologia di Husserl in sintesi

La fenomenologia di Husserl in sintesi. La rifondazione attraverso la filosofia di un sistema scientifico unitario e razionale è lo scopo primo della fenomenologia di Husserl, perseguito attraverso un’attenta verifica delle condizioni preliminari della conoscenza.

Edmund Husserl nacque nel 1859 a Prossnitz in Moravia, nell’allora impero austro-ungarico. La sua carriera accademica e quindi la sua attività filosofica si sono svolte interamente in Germania, dove si laureò in matematica, con il grande matematico tedesco Carl Weierstrass. Del suo interesse per la filosofia fece una professione in seguito all’incontro con Franz Brentano, del quale seguì le lezioni a Vienna, tra il 1884 e il 1886, e che Husserl ricordò sempre come il suo maestro in filosofia. Nei suoi primi due libri: Filosofia dell’aritmetica (1891) e Ricerche logiche (1900-1901) Husserl, sotto l’influenza di Brentano e di Frege, indaga l’origine dei concetti aritmetici e giunge alla distinzione netta tra la conoscenza e l’oggetto conosciuto, ovvero tra il pensiero e l’oggetto pensato e al riconoscimento dell’oggettività degli enti e dei rapporti generali e ideali. L’interesse della riflessione di Husserl è preso dall’indagine sulla intenzionalità della conoscenza, il rapporto fra la mente che conosce ed i fenomeni conosciuti, attribuendo ad essi una realtà che comprende l’intenzionalità della conoscenza.

La dimensione intenzionale che Kant aveva attribuito alla conoscenza morale, viene estesa da Husserl all’intero sistema delle conoscenze, con la creazione della fenomenologia trascendentale, nuova filosofia su cui fondare un sistema filosofico unitario che dia conto dell’ampiezza e della complessità dell’insieme della cultura e delle scienze europee.

Edmund Husserl

La fenomenologia di Husserl – estratto antologico

Il termine “fenomenologia” indica sia un nuovo metodo descrittivo comparso nella filosofia alla fine del secolo scorso, sia una scienza a priori, da esso derivata, che si propone di fornire l’organon dei principi relativi a una filosofia rigorosamente scientifica e di rendere possibile, sviluppandosi in maniera coerente, una riforma metodica di tutte le scienze. […] Per fondare e sviluppare quest’idea direttrice, occorre compiere un primo passo verso la chiarificazione di ciò che è peculiare dell’esperienza, in particolare dell’esperienza pura dello psichico. Privilegeremo naturalmente l’esperienza più immediata, che ci svela ogni volta il nostro ambito psichico individuale. L’atteggiamento dello sguardo che lo esperisce si compie necessariamente come una riflessione, come un rivolgimento di quello sguardo che prima era diretto altrove. Tale riflessione ammette ogni esperienza, ma anche ogni particolare modalità con cui ci occupiamo di qualche oggetto reale o ideale, pensando oppure valutando con il sentimento e con la volontà o, ancora, aspirando a qualcosa. Così, realizzandoci in maniera direttamente cosciente, entrano nel nostro sguardo esclusivamente le singole cose, pensieri, valori, fini, mezzi; non vi entra il vissuto (Erleben) psichico, nel quale tutti questi elementi sono presenti alla nostra coscienza in quanto tali. Soltanto la riflessione può renderlo evidente. Mediante la riflessione noi cogliamo, al posto delle semplici cose, i corrispondenti vissuti soggettivi nei quali queste cose diventano per noi “presenti nella coscienza” e ci “appaiono” nel loro senso più ampio. Tutte insieme vengono perciò chiamate anche “ fenomeni”, il cui carattere essenziale più generale è quello di essere “coscienza-di”, “apparizione-di”, e cioè delle singole cose, dei pensieri, dei progetti, delle decisioni, delle speranze e così via.
E. Husserl, Fenomenologia (1928), trad. it. di R. Cristin, in E. Husserl, M. Heidegger, Fenomenologia. Storia di un dissidio, Unicopli, Milano, 1986, pp. 79-82.

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