La teoria ecologica della percezione di Gibson

James J. Gibson, uno dei principali studiosi della percezione del XX secolo, ha formulato nel 1979 la teoria ecologica della percezione. La teoria prende il nome dalla stretta relazione tra il processo percettivo e il contesto ambientale in cui si verifica. Secondo Gibson, tutte le informazioni necessarie per la percezione sono contenute nello stimolo ambientale circostante e possono essere percepite direttamente, senza alcun bisogno di elaborazione mentale.
Per esempio, davanti a un gatto che si avvicina a noi, percepiamo un animale peloso, quadrupede, con le orecchie puntate in avanti e gli occhi che ci fissano. Il fatto che riconosciamo l’animale come un gatto e ci aspettiamo un comportamento tipico da esso, come ad esempio il ronroneo o il miagolio, è una caratteristica della nostra conoscenza intuitiva dell’oggetto percepito.

Il cuore della teoria ecologica: le affordances

Secondo la teoria di Gibson, l’affordance è una caratteristica degli oggetti che li rende invitanti per l’uso. L’affordance fornisce informazioni sul funzionamento degli oggetti stessi e, quando sfruttati in modo opportuno, consente di capire cosa fare senza bisogno di istruzioni esplicite. Secondo Gibson, l’affordance è un concetto diretto e universale, che non dipende dalla conoscenza o dalle aspettative culturali delle persone. In sintesi, la percezione è considerata un processo passivo in cui le informazioni sono presenti nell’ambiente e non richiedono ulteriore elaborazione mentale.

Ulteriori sviluppi della teoria ecologica della percezione

Ci sono stati molti psicologi che hanno continuato a sviluppare e applicare la teoria ecologica della percezione di Gibson. Ecco alcuni esempi:

Ci sono molti altri psicologi che hanno utilizzato e sviluppato la teoria ecologica della percezione in vari campi della psicologia, tra cui la psicologia dello sviluppo, la psicologia clinica, la psicologia cognitiva e la psicologia dello sport.

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