Gaza Last Day: educare lo sguardo, resistere alla disumanizzazione

Come si può educare a sentire il peso di cinquantamila morti? Come si insegna a guardare, senza voltarsi altrove, il dolore di un popolo che muore sotto le bombe, tra le macerie, nella fame? L’iniziativa Gaza Last Day, nata da un’idea di Paola Caridi e Tomaso Montanari, ci interpella come cittadini, ma anche come educatori. È un gesto collettivo e simbolico – appendere lenzuoli bianchi alle finestre – che porta nel nostro spazio quotidiano un lutto troppo spesso confinato fuori dal campo visivo e percettivo dell’Occidente.

Gaza Last Day: educare lo sguardo, resistere alla disumanizzazione

L’educazione, nelle sue diverse declinazioni – sociologica, psicologica, antropologica e pedagogica – non può esimersi dal confrontarsi con la disumanizzazione dell’altro. La guerra non distrugge solo corpi e città, ma erode giorno dopo giorno l’empatia, offusca il senso critico, indebolisce la responsabilità morale. Quando l’uccisione dell’altro diventa “normale”, è lì che il lavoro educativo diventa più urgente.

Gaza Last Day non è solo un’iniziativa politica. È un dispositivo pedagogico. Invita a recuperare lo sguardo umano, quello che riconosce nel sudario un gesto di cura, non solo di morte. Perché il lenzuolo bianco non è solo un simbolo funebre: è un atto di resistenza all’indifferenza, un rito minimo che restituisce dignità, che dice: “vedo, so, mi riguarda”.

La sociologia ci insegna che la pietas non è solo un’emozione privata: è un fatto sociale, un atto collettivo che genera comunità morale. La psicologia ci ricorda che l’empatia può e deve essere coltivata. L’antropologia ci mostra come, in tutte le culture, i morti meritino un trattamento sacro, e come negarlo sia sempre il primo passo verso la barbarie. La pedagogia, infine, ci offre le parole e le pratiche per educare a questa consapevolezza: non con l’indottrinamento, ma con l’invito a pensare, a sentire, a prendere posizione.

Nelle scuole, sui balconi, negli spazi pubblici e privati, Gaza Last Day chiede di fermarsi, di fare silenzio, di non accettare l’orrore come fatto compiuto. È questo il compito di chi educa: restituire umanità dove è stata negata, dare forma al lutto, riattivare la responsabilità.

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