Viktor Frankl: il lager e l’analisi esistenziale

Viktor Frankl (1905-1997), famoso per essere sopravvissuto ai lager e per l’analisi esistenziale, il suo punto di vista si inserisce nelle teorie della psicologia esistenziale-umanistica.

Viktor Frankl era austriaco di famiglia ebrea, influenzato dalle letture di Freud ed Adler. Da psichiatra si impegnò personalmente nel sabotaggio del programma di eutanasia voluto dai nazisti per i malati psichici, producendo false diagnosi.

Viktor Frankl: il lager e l’analisi esistenziale

Nel 1942 Frankl viene deportato con la famiglia in diversi campi di sterminio, fra cui Auschwitz: vi perde entrambi i genitori, la moglie e il fratello. I nazisti gli avevano sequestrato il libro Logoterapia
e analisi esistenziale, che stava cercando di completare. Alla fine della guerra cercò di riscrivere l’opera e pubblico una toccante testimonianza umana e scientifica Uno psicologo nel lager.

Frankl sostiene che la sofferenza psicologica prende avvio dallo smarrimento del senso della vita, come una patologia “noogena”, relativa cioè alle nostre idee sulla nostra esperienza esistenziale. Frankl ritiene che alcune nevrosi non siano psicogene, cioè di origine psichica, ma  noogene, cioè radicate nel vissuto dell’individuo e nel suo spirito.

Questo tipo di nevrosi richiede una “logoterapia” specifica, una terapia incentrata sul dialogo capace di produrre una maggiore consapevolezza di sé, degli altri e del mondo.

Viktor Frankl arriva alla conclusione che il terapeuta deve costruire una relazione io-tu con il paziente
nella sua totalità psicocorporea e spirituale, per aiutarlo a sviluppare un’analisi esistenziale della propria vita e trovare conforto alla sofferenza.