Memorie di una colonscopia

Memorie di una colonscopia: un trattamento non traumatico, magari se fa leva sull’abituazione,  induce a ripetere un’esperienza con maggiore probabilità. La ricerca ci insegna che la memoria umana è imperfetta. I nostri ricordi difficilmente rispecchiano i fatti realmente accaduti e a noi manca la consapevolezza di questo scarto. Episodi dolorosi sono interpretati come tali in riferimento all’ultima parte dell’evento. Della serie: l’ultima cosa sarà quella che ricorderete altrimenti definita “effetto recency”.

Se le cose stanno così, perché non cavalcare questo difetto e volgerlo a opportunità?

Donald Redelmeier, Joan Katz e Daniel Kahneman hanno ben pensato di sfruttare questa modalità cognitiva con i pazienti che si sottopongono a colonscopia. Questa procedura prevede che un sondino venga infilato attraverso l’ano del paziente e viene descritta da chi l’ha provata come “tutt’altro che piacevole”.

Ecco cosa hanno fatto.

Premesso che il dolore della procedura è connesso ai movimenti del sondino, ad alcuni pazienti è stata applicata la procedura standard (infila-muovi-sfila) agli altri il sondino è stato lasciato immobile per tre minuti prima di estrarlo.

Neanche a dirlo, quelli che per tre minuti si sono trovati con il sondino immobile infilato nell’ano hanno descritto l’intera procedura come meno sgradevole e sono tornati in numero maggiore e più volentieri a ripetere l’esperienza.

Credo ci sia una morale in questo esperimento.

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